Osservatorio AI 2024
Il primo febbraio 2024 si è tenuto presso l’Aula De Carli nella sede di via Durando del Politecnico di Milano il convegno di presentazione dei risultai del lavoro dell’Osservatorio AI per il 2023. Con una partecipazione record di più di 4000 professionisti, i ricercatori e le ricercatrici degli osservatori digitali hanno presentano i principali takeaways delle ricerche.
Uno in particolare ha attirato la mia attenzione, perché mappa in modo quantitativo un’intuizione che in molti abbiamo avuto parlando del rischio dell’AI per i professionisti. Ecco quindi la sintesi dell’intervento, che delinea un orizzonte interessante per l’AI in Italia nei prossimi 10 anni.
Nel gennaio del 2024, tra le grandi paure che dominano le prime pagine dei media, emerge un tema centrale che cattura l’attenzione collettiva: il futuro del lavoro. Quest’anno, l’osservatorio ha deciso di affrontare due questioni cruciali che, fino ad ora, aveva esaminato separatamente, ma che si rivelano strettamente interconnesse. Da una parte, i trend attuali e futuri dell’offerta di lavoro; dall’altra, il dibattito sull’automazione e il suo potenziale impatto sul mondo del lavoro nei prossimi dieci anni.
L’orizzonte del mercato del lavoro
Alla luce delle previsioni per i prossimi dieci anni, la domanda che sorge spontanea riguarda le tendenze dell’offerta di lavoro. In assenza di imprevisti tassi di mortalità, diventa relativamente semplice proiettare lo scenario futuro della distribuzione lavorativa. Si prevede una diminuzione significativa della popolazione italiana attiva nel mercato del lavoro, con un’imminente scomparsa di circa 2.8 milioni di persone che contribuiscono al Prodotto Interno Lordo (PIL) e sostengono il sistema pensionistico. Parallelamente, assisteremo a un incremento di circa 2.3 milioni di pensionati, segnando un aumento del 16%: una situazione che non può essere ignorata.
Di qui a un decennio, ci troveremo davanti a una realtà in cui gli occupati attesi saranno 21.2 milioni, a fronte dei 27 milioni necessari per garantire un supporto adeguato alle persone in pensione. Ciò significa che dovremo individuare 5.6 milioni di posti di lavoro, o equivalenti in termini di capacità di generazione di valore, rappresentando un aumento del 25% della popolazione attiva, per preservare l’equilibrio del sistema pensionistico così come lo conosciamo. In questo contesto, l’intelligenza artificiale si posiziona come opportunità chiave.
Il potenziale dell’automazione
Il dibattito sul potenziale dell’automazione si basa su un modello analitico relativamente semplice, che si avvale di quattro fonti di dati facilmente stimabili o raccoglibili attraverso attività di osservazione e metodologie di analisi qualitativa, tra cui sondaggi e studi comparativi. Questo modello considera diversi fattori: il potenziale di automazione di specifiche attività, l’importanza relativa di queste attività misurata in termini di tempo dedicato, e il loro impatto complessivo sull’occupazione totale. Elementi cruciali per valutare l’evoluzione del potenziale di automazione nel mercato del lavoro. È fondamentale ricordare che questa analisi è stata condotta per la prima volta nel 2018, in modo più semplificato e con una proiezione a lungo termine. Ora, a sei anni di distanza, abbiamo aggiornato l’analisi per riflettere le condizioni attuali, fornendo così una risposta aggiornata alle dinamiche presenti nel mercato del lavoro.
Sorprendentemente, il 50% del carico lavorativo attuale in Italia potrebbe essere già oggetto di automazione. La prima reazione di molti è di puro stupore, se non addirittura di shock. In seconda analisi però si mostrano i limiti della prima stima. Prendiamo come esempio la figura dell’insegnante universitario: analizzando i vari aspetti della professione, diventa evidente che esistono limitazioni che impediscono di realizzare immediatamente questo potenziale di automazione. La creazione di un insegnante digitale comporterebbe un elevato dispendio di tempo e un significativo investimento finanziario: al momento, il lavoro umano si rivela spesso ancora più competitivo in termini di costi. Se tecnicamente possibile, resta da chiedersi se sarebbe davvero sensato perseguire questa strada. A ciò si aggiungono vincoli normativi, come ad esempio la necessità di firmare i registri, e la capacità umana di coordinare e integrare le varie attività lavorative, il cui valore aggiunto supera la somma delle singole parti. Inoltre, è fondamentale sottolineare che l’intelligenza artificiale sta assumendo un ruolo di supporto piuttosto che di sostituzione. Il desiderio di automatizzare il lavoro umano esiste da tempo, ma la direzione attuale suggerisce un’integrazione piuttosto che una sostituzione completa.
Ai e innovazione per una pensione sostenibile
Esaminando come si amalgamano i cinque effetti precedentemente discussi, ci avviciniamo alla definizione del potenziale effettivo di automazione, partendo dal teorico 50%. Attraverso l’analisi di stime fornite da esperti del settore, come le indagini sull’adozione tecnologica e studi come “A Future That Works” di McKinsey, unitamente ai dati sulle imprese e l’occupazione forniti dall’ISTAT, emerge un quadro chiaro. Attualmente, il numero di progetti basati sull’intelligenza artificiale rimane limitato. Tuttavia, integrando queste informazioni con una valutazione critica (avendo ben presente le avvertenze di Kahneman sulle trappole cognitive), riteniamo che nei prossimi dieci anni, circa il 18% del carico di lavoro potrà essere effettivamente automatizzato, corrispondente a 3.8 milioni di posti di lavoro equivalenti. Questo rappresenta un contributo significativo, ma non sufficiente a colmare completamente il divario occupazionale proiettato dalle tendenze demografiche.
Ma cosa accade con il restante potenziale non ancora automatizzato? Non dovremmo limitarci semplicemente a incrementare la produttività media del lavoro. È il momento di espandere il mercato stesso: stimolando la creazione di nuove startup, attrarre nuovi talenti e sviluppare professioni inedite grazie all’intelligenza artificiale. Questa è l’opportunità di catalizzare l’innovazione, promuovere la diversificazione economica e sfruttare pienamente le capacità umane e tecnologiche in sinergia.
Meno e meglio
Quindi, l’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità o un problema? La risposta è che si tratta di una necessità imprescindibile per il mercato del lavoro italiano. L’AI non è solo uno strumento per aumentare la produttività o automatizzare compiti ripetitivi; è un catalizzatore per la creazione di nuovi lavori, l’innovazione di settore e lo sviluppo economico. In un contesto di cambiamenti demografici e sfide occupazionali, l’intelligenza artificiale offre le chiavi per una trasformazione positiva, a condizione che sia gestita con lungimiranza e inclusività. La vera sfida sarà quella di armonizzare l’avanzamento tecnologico con le esigenze umane, trasformando così l’AI in una leva per un futuro di lavoro più ricco e variegato.