AI augmented workforce
A settembre ho fatto un giro al TechEx Expo 2023 ad Amsterdam – ne ho approfittato per andare a vedere il MOCO Museum in cui sono esposti alcuni dei primi NFT.
Nel round di interventi dedicato all’AI applicata si è parlato di AI augmented workforce, ovvero come l’AI può supportare i lavoratori e le lavoratrici nelle loro attività quotidiane. Il titolo devo dire che spaventa e apre a scenari apocalittici stile Matrix o Terminator, ma prometto che i contenuti tornano nel presente. Visto che ho trovato molto interessante i punti di vista dei panelist, riporto gli spunti che mi porto a casa.
Is AI gonna steal my job?
La prima domanda che è stata fatta è – ovviamente – se l’AI in generale e la GenAI in particolare ci ruberà il lavoro.
La risposta
Il trend che si osserva sul mercato è un’adozione di soluzioni di AI nel momento in cui la forza lavoro esistente non riesca a rilasciare tutto quello che il mercato chiede, al livello di qualità desiderato. L’AI quindi non sta sostituendo persone, ma sta aiutando chi già lavora a fare di più, meglio e in meno tempo.
C’è quindi un affiancamento degli strumenti di AI alle persone che già fanno determinati lavori, non una sostituzione completa. Ad essere onesti peraltro l’AI non può fare tutto, è impossibile pensare di automatizzare completamente un processo bypassando le persone, piuttosto è necessario predisporre una modalità per la cooperazione tra gli esseri umani e l’AI.
In più, c’è da considerare che il grado di maturità digitale varia moltissimo da settore a settore e da paese a paese, per cui l’adoption degli strumenti di AI sarà un processo più o meno lungo in cui nel mentre le persone potranno avvicinarsi alla tecnologia e sviluppare nuove competenze.
Un punto aggiuntivo è inoltre rappresentato dalla struttura legale: non siamo ancora pronti per accogliere in modo completo e capillare gli strumenti di AI per sostituire le persone. Non ci sono ancora strategie e norme di riferimento per la mappatura dei rischi e delle responsabilità, per cui bisogna ancora attendere qualche anno per capire cosa succederà davvero.
Un passo in più
A partire dalla risposta data nel brevissimo tempo a disposizione, aggiungo qualche spunto di riflessione aggiuntivo. La risposta fornita si allinea in parte al punto di vista di Forbes, che fornisce una lettura ottimistica. L’AI sta raggiungendo specializzazioni equivalenti all’essere umano, è quindi in grado di performare bene quanto una persona in specifici task. Man mano che gli algoritmi evolvono – i LLM hanno raggiunto i trilioni di parametri – le loro capacità aumentano, ma sono sempre relegate ad un task specifico. Per esempio, GPT-4 è in grado di generare – a partire da prompt ma anche da video o immagini – testo, codice e qualunque altro output basato su regole di sintassi, ma fa schifo nel calcolo matematico.
Quello che stiamo osservando è comunque una trasformazione del mercato del lavoro, in cui alcune professioni cambieranno radicalmente e ne nasceranno di nuove. Per ora, le persone rimangono ancora l’ultimo anello della catena decisionale, seppur sempre più sostenute da strumenti digitali più o meno intelligenti, ma da qui a 20 o 30 anni potrebbe esserci una completa sostituzione in alcuni settori.
Al contempo, la grande richiesta di modelli sposterà il mercato del lavoro aumentando moltissimo la richiesta per chi i modelli li sa costruire, comprendere e maneggiare. Sta già succedendo: il data scientist e il machine learning engineer sono figure molto ricercate e pagate.
L’AI probabilmente sosterrà la crescita di domanda e offerta ovviando al problema del numero limitato di professionisti sul mercato, e i lavoratori e le lavoratrici di domani saranno meno specializzati e specializzate, ma con competenze più varie e ampie – la famosa T-shape.
La strategia
La strategia proposta dai tre panelist è quindi chiara: affiancare l’AI alle persone per essere più efficaci, predisporre materiale di alta qualità e riuscire a concentrare le forze sul valore aggiunto che può fornire l’essere umano. Tra gli esempi che sono stati condivisi c’è per esempio l’uso di chatbot nella pubblica amministrazione per migliorare la comunicazione con i cittadini e orientare le richieste, l’utilizzo di sistemi di manutenzione predittiva e troubleshooting AI-driven per supportare i team di manutenzione, o sistemi di ottimizzazione della pianificazione per minimizzare il tempo di installazione dei pannelli solari. Tutti gli use case mirano a supportare le operations in vari modi e con diversi obiettivi.
Ma come partire? La strategia proposta è semplice:
- Formarsi e testare in prima persona i tools: a partire dai C-level, serve una formazione su cosa si può fare e cosa è ancora fantascienza, con un’idea di costi e benefici ottenibili, in modo da allineare le aspettative con la realtà
- Definire una visione chiara di adoption, e delineare nella roadmap cosa si può e non può fare con l’AI, in modo che siano chiare fin da subito le aspettative
- Mappare le competenze che si hanno e quelle che servirebbero per portare a terra la strategia, e costruire il body of knowledge necessario per raggiungere la visione.
Seguendo questi passi si ottiene un team in grado di sviluppare un framework in cui costruire gli strumenti di AI a supporto del business, con un chiaro orizzonte a cui tendere.
Tip & tools
I panelist hanno condiviso qualche suggerimento per rendere più facile la strategia mappata.
Ad esempio, il responsabile della cybersecurity delle Dutch Railways, Rens van Dongen, ha raccontato il progetto di esplorazione che li ha portati a definire la roadmap per l’adozione dell’AI. In un arco di 2 mesi, è stato costruito un team multidisciplinare con rappresentati delle principali business units, per esplorare ipotetici business cases su cui applicare l’AI. Da lì cono stati sviluppati sistemi di manutenzione predittiva e un chatbot basato su GPT-3.5 e affinato sulle loro procedure per supportare le attività del team.
Aoibhinn Reddington, Head of Strategy for AI Powered Operations in Deloitte ha invece suggerito di definire un piccolo obiettivo, un pain da risolvere o un’opportunità da cogliere (utilizzare l’AI generativa non è un’opportunità però!). Da lì, si può partire con un proof of concept limitato, un quick win che possa dimostrare i risultati dell’utilizzo di strumenti di AI, guadagnare fiducia ed entusiasmo negli utilizzatori e nelle utilizzatrici. E’ necessario gestire fin da subito le aspettative: i sistemi di AI non sono soluzioni plug and play, ma sono caratterizzati da una curva di apprendimento potenzialmente infinita che li porta a migliorare sempre di più nel tempo. L’approccio che le persone dovrebbero avere non è di strumento pronto all’uso, quanto piuttosto di assistente in formazione che migliora man mano che fa esperienza. E’ importante introdurre un livello di sicurezza psicologica nell’interazione, studiare una strategia di integrazione fatta per bene con dei ML engineers preparati, e raccogliere i feedback dagli utenti che utilizzano la soluzione.
Infine, Dragan Gajic, CTO del gruppo Nortal, ha sottolineato l’importanza dell’infrastruttura per lo sviluppo delle soluzioni di AI. Il cloud è sempre una buona idea, perché permette di scalare rapidamente e esternalizzare la gestione delle macchine, ma è necessario considerare la regione in cui i dati sono registrati e garantire i vari aspetti della sicurezza informatica.
Come preparasi al meglio?
Prima di pensare alle soluzioni di AI, le aziende devono fare i conti con una serie di step preliminari come la data strategy, l’integrazione dei sistemi esistenti, la compliancy e così via. Il primo passo della strategia – la formazione – è fondamentale per arrivare preparati e gestire al meglio le richieste e le aspettative. E’ responsabilità di primi livelli di management diventare AI literate, capendo cos’è l’AI, come funziona e chi fa girare le cose. Il suggerimento è non fermarsi ad articoli o interventi, ma metter le mani in pasta e provare in prima persona i nuovi strumenti a disposizione.
Inoltre, bisogna tener presente che i sistemi commerciali di AI generativa come GPT-4, Copilot, Midjourney sono già disponibili per tutti, e soprattutto gli utenti più pronti – team di data science, IT, digital, ma anche data analyst e ingegneri – li stanno già utilizzando per completare i loro task quotidiani. I panelist concordano nell’esplorare le potenzialità di questi tool, e fornirsi di licenze entreprise che garantiscono la sicurezza del dato. Attenzione: in alcuni casi è necessario specificare che si vogliono mantenere i dati nelle regioni selezionate, esplicitandolo in una fase di configurazione. Alcune licenze, anche se entreprise, hanno infatti di default l’invio dei dati alla casa madre per l’aggiornamento dei modelli.
In ultimo, avere una roadmap con delle milestones generali che si vogliono raggiungere e una visione di come si vorrà migliorare il business sfruttando l’AI è centrale per coordinare gli sforzi e riempire il gap di competenze.
It’s happening anyway!
La rivoluzione dell’AI, come il personal computer prima di lei, sta rivoluzionando il modo in cui lavoriamo. Costruirsi una conoscenza e competenza sui temi dell’AI, definire una roadmap e una visione e costruire l’infrastruttura e le competenze per raggiungerla sono passi fondamentali per arrivare preparati alla rivoluzione dell’AI.
Il consiglio è partire con un progetto pilota piccolo ma scalabile, che dimostri i benefici, aumenti l’ingaggio, l’entusiasmo e la fiducia dei team di business, e accompagni tutti all’adozione.
Le soluzioni di AI infatti non sono plug-and-play ma hanno una curva di apprendimento, per cui le cose spesso non funzionano bene dall’inizio e devono essere affinate. Come un nuovo stagista che deve essere addestrato – ma con una curva di apprendimento molto più rapida.
Che lo vogliamo o no l’AI è uno strumento che si sta ritagliando grandi spazi nella nostra quotidianità. It’s happening anyway! Tanto vale prepararsi 😉